Si cerca il “maestro” perché si cerca la “prova provata” del risultato di un percorso.
Il guaio è che, spesso, non si ha chiaro il significato del termine, né cosa si cerca.
Nel sistema di istruzione, il maestro è colui che, per aver approfondito determinate materie e avere acquisito un metodo di trasmissione dell’insegnamento, facilita l’apprendimento degli allievi, selezionando il materiale oggetto di studio, affidando i compiti e gli esercizi di approfondimento ed educando allo studio.
Anche il miglior maestro, tuttavia, non è mai garanzia di promozione dell’allievo: in ciò sta l’errore nel volere una “prova provata” di un risultato che non è possibile, a priori, stabilire se quel particolare allievo conseguirà. Sarebbe come chiedere, a una scuola, garanzia che si uscirà con la pagella d’oro: ciò non dipende solo dal maestro ma in gran parte dall’allievo.
Nel campo spirituale, la questione non cambia molto, anche se possiamo distinguere tre tipi di “maestro”:
1) il maestro per titolo: è colui che, all’interno di una determinata tradizione, ha conseguito il relativo titolo o grado, che può coincidere o meno con un notevole sviluppo spirituale (nella maggioranza dei casi, non si tratta dell’ultimo grado, anzi).
2) il maestro operativo: è colui che ha ultimato la parte pratica all’interno di una determinata tradizione e ha l’autorizzazione per tramandarla, autorizzazione che dovrebbe coincidere con l’avere conseguito dei risultati a fronte di questa pratica.
3) il maestro fondatore di una scuola pratica: è la figura più controversa. In linea teorica, è auspicabile che chi fonda un proprio sistema di pratica abbia la piena padronanza di una pratica tradizionale e, solo poi, la affini ed innovi, se ritiene di poter fare dei miglioramenti rispetto ai suoi predecessori (ciò che accade con il 10° Dan di karate, riservato ai caposcuola riconosciuti). Oggi, tuttavia, questa categoria si confonde con i fondatori delle più svariate pratiche (olistiche, New Age, paraesoteriche), che ben possono non avere alcun background o formazione tradizionale, non essendovi normativa in tal senso.
La figura del “maestro perfetto” è, invece, più un mito che altro, e viene spesso chiamata in causa da coloro che, non volendo cimentarsi con un sistema di conoscenza, si focalizzano sulle colpe o mancanze individuali degli insegnanti, giudicati “non abbastanza perfetti” per insegnare o tramandare un metodo.
Dietro questo atteggiamento si nasconde spesso la tendenza a procrastinare la decisione di prendere un impegno (con sé stessi, più che con il “maestro”), confondendo il lato oggettivo dell’insegnamento tradizionale con quello del veicolo, ossia l’insegnante.
Il Maestro, quello vero, è invece una voce loquente che si trova dentro se stessi, dopo avere operato per un bel po’ di tempo, ed è inutile, se non dannoso, proiettare questo desiderio su un’altra persona.
Il consiglio migliore che si può dare in questo senso, quindi, è quello di ricercare un maestro operativo e considerarlo (come dovrebbe considerarsi lui stesso) un “fratello maggiore” che dimostra e tramanda una pratica sulla quale c’è un certo consenso tradizionale, o, comunque, di vagliare bene le nuove scuole, appurando da dove provenga l’insegnamento operativo e se il “maestro” non sia invece, in fin dei conti, un autodidatta.
Postilla: l’autodidatta potrebbe anche essere molto più preparato di un maestro formato (potrebbe anche essere il nuovo Messia), ma la storia insegna che i grandi fondatori di scuole hanno ricevuto un insegnamento tradizionale, prima di avventurarsi a fondare la propria operatività.
