LA “MAGIA” PRIMA DI GOOGLE



Prima di Google, per muovere i primi passi nel mondo esoterico avevi bisogno di due cose: una buona libreria e un buon mentore.

Quello che voglio dire è che, prima del mondo virtuale con la sua miriade di informazioni, c’erano le persone, con il loro bagaglio di esperienza di vita e di strada.
Sembra scontato dirlo, per chi ha conosciuto quel mondo, ma a volte faccio anch’io fatica a ricordarlo.

Metà delle cose che so non vengono dai libri ma dai pomeriggi rubati.
Ne ho rubati a decine: a un’astrologa, a un’erborista, alla proprietaria di una libreria, a un mago, a un chiaroveggente, a un alchimista. Perfino a una guaritrice di campagna.
Ero una sorta di spugna che faceva domande e assorbiva qualsiasi cosa.
Solo dopo compravo i libri e, solo allora, un po’ riuscivo a capirli, a penetrarne il linguaggio simbolico, a sapere cosa cercare fra le righe: erano state le persone a darmene la chiave, quelle che avevano percorso il sentiero prima di me.

Perché c’è una grande verità da imparare: nei libri non è scritto tutto e su internet men che meno; ci sono chiavi di lettura che passano soltanto da bocca a orecchio e il motivo sarebbe difficile da spiegare qui, ma possiamo sintetizzarlo così: esistono insegnamenti che soltanto due corpi astrali in comunione tra loro possono scambiarsi.
E specialmente, inutile negarlo, se un mentore ha un buon magnetismo, è un immenso aiuto per affrontare ogni prova.

Questa necessità dell’altro, buon mentore o pessimo che fosse, faceva sì che molto presto si sviluppasse qualcosa di prezioso per il proprio cammino: la consapevolezza di non sapere.
Il bisogno di approfondire, di imparare, di studiare per reggere una conversazione senza sentirsi dei perfetti imbecilli, veniva di conseguenza come un fuoco che, dopo avere bruciato le sterpaglie, inizi a prendere sul serio.

Quando arrivarono i primi luoghi virtuali di scambio, Google c’era già da un pezzo e la differenza rispetto a prima si vedeva: le conversazioni virtuali erano molto più facili, ce ne siamo accorti tutti subito.
Tutti, improvvisamente, sapevano tutto.
O almeno, così sembrava.
Non sapevi una cosa ma volevi intervenire e dire la tua? Volevi semplicemente fare il fenomeno? Cercavi su Google, parafrasavi quello che trovavi e diventavi subito un esperto in materia.
È così che sono nati i falsi maestri del terzo millennio, sapete.
Quelli di prima erano pressoché inoffensivi: bastavano due domande in croce e anche un neofita si accorgeva che erano tutti amuleti al collo e niente arrosto.
Col tempo, senza vedersi in faccia, senza quella comunione tra corpi sottili che costituisce il cuore dell’insegnamento, distinguere è diventato sempre più difficile.
Solo chi già aveva un suo bagaglio sgamava il millantatore, che di solito aveva dietro di sé una fila di adepti adoranti con chiari problemi di dipendenza (e lui/ lei di narcisisimo patologico).

Ricordo ancora le parole del mio ultimo mentore – di quello, cioè, che mi ha liberata definitivamente del bisogno di cercare un “maestro” – il giorno in cui ci siamo conosciuti: “tutti credono che si possa diventare superuomini dall’oggi al domani. La verità è che, prima di tutto, bisogna imparare a essere umani”.

Quando qualuno si rivolgeva a lui per la prima volta, dava sempre lo stesso esercizio: gli dava un sasso.
“Prendi questo sasso”, diceva. “Domattina all’alba ti alzi e lo porti, a piedi, a 500 metri da casa tua.”
“E poi?”, chiedeva il malcapitato.
“E poi il giorno dopo, all’alba, lo vai a riprendere. Vai avanti così per un mese. Se salti un giorno ricominci daccapo. Quando hai finito, torna da me e parleremo.”

Mi spiegò tempo dopo che, oltre ad allenare la volontà, quell’esercizio serviva anche a lui, per selezionare le persone.
“Chi torna dopo un mese è una pecora o un bugiardo: significa che ha obbedito ciecamente, oppure che ha imbrogliato. In entrambi i casi, non mi interessa prendermene cura. Ma se torna dopo poco più di un mese con aria mogia, vuol dire che è caduto e si è rialzato: ha tentennato e ha ricominciato daccapo. Allora inizio a parlarci sul serio.”

Questo umanesimo vero, impegnativo nella vita quotidiana, è stato la mia culla, quello che mi ha permesso di prendere la mia forza, il mio spirito ribelle e infiammabile, e farne la materia prima per la mia Opera.
La magia, il contatto con l’Oltremondo, le dissertazioni filosofiche, sono venuti dopo, quando avevo imparato a fluire in me stessa, prima ancora di pensare di poter fluire con la natura o entrare in contatto con le sue forze invisibili.

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