Dagli effluvi del Saturno, in volute di vapore, si leva il corpo lunare: tormento e passione per l’uomo comune, e rabbia e dolore e rapimento dei sensi. Violento turbine che fa perdere la lucidità: questo esso è, e non sarà mai altro, per il volgare che gli si abbandoni.
“Volete fare di quest’uomo un iniziato all’Amore? È lavare la testa all’asino!” (G. Kremmerz, Gli amanti).
Ma per l’uomo purificato, per colui che si eleva dal veleno e vuol far di questa forza un sublime farmaco, il canto della sirena Atargatis non è più udibile in questo senso, perché un altro, più sottile sentire avvolge il suo essere, nudo e fatto di se stesso: ed è questa forza, come un vento leggero e sottilissimo, che attira a sé il vapore acqueo della Luna per fare della voluttà della prostituta l’estasi di una santa.
Da questo incontro, perpetuato per i canonici 40 giorni, un nuovo essere nasce dal suo uovo: nasce cioè dall’unione del Mercurio col suo Zolfo, così come avviene nelle profondità della terra, dove questi due sposi si uniscono formando un legame così stretto e indissolubile che, una volta maritati insieme, è impossibile dividerli. L’uno non esiste più senza l’altro, come ebbe a dire la Grande Iside: “Io senza Lui non esisto, Lui senza Me non è manifesto”.
Quanti ebbero a cantare della sublimità e innocenza della Vergine Immacolata, della casta Artemide e delle colombe di Diana, avevano in mente le ali di questo bianco uccello in cui l’acqua si converte e vola all’Empireo, dove mangia delle Piante della Vita (o, secondo altri, incontra lo sposo celeste Eros) e avvia quel processo di nutrizione che va a tessere il nuovo corpo.
Lentamente l’aspirante procede, senza far rumore, scivolando sull’acqua senza incresparne le onde.
Il suo corpo sottile si espande e si rinserra a volontà.
Nessun rumore egli produce e ciò che prima era fuoco distruttore, che ogni cosa consuma in un attimo, diviene piccola fiamma di lume eterno che, come ebbe a dire di Sangro, brucia su uno stoppino d’oro purissimo ed è inestinguibile se non viene artificiosamente privato d’ossigeno.
Cos’è questo Lume?
Raimondo di Sangro spiega che quella speciale materia da lui scoperta, e la cui proprietà rispetto a quelle che generano il fuoco fatuo di fosforo è quella di essere “maggiormente purificata”, ha in sé la proprietà di nutrirsi delle particelle di fuoco elementare contenute nell’aria: in tal modo, esso non solo non può estinguersi ma, nella sua eterna combustione, non consuma nemmeno un grammo della materia di cui è composto.
Vediamo in che modo se lo spiega il principe: “esso, acceso che sia, riceve ad ogni istante tanto nuovo alimento dall’aria circostante, quant’è il detrimento che esso soffre; talché il compenso sia eguale sempre al danno […] è noto in fisica che tutta la nostra atmosfera è sparsa d’infinite piccolissime insensibili particelle ignee elementari: ora, io non trovo alcuna ripugnanza a immaginare che possa esistere una certa materia […] la quale, dopo che dall’azione di una materia vicina (il cerino, N.d.A.) che sia messa in velocissimo e agitatissimo moto, abbia la virtù d’attrarre a sé con una gagliarda energia le suddette particelle ignee”.
Non si tratterebbe, quindi, di una combustione, ma di una sorta di alimentazione del Lume.
E ancora: “Da quanto fin qui detto è chiaro che, dai primi momenti in poi dell’accendimento del suddetto mio lume, tutta la sua durata dipende da quel nuovo alimento, che si procaccia dalle particelle ignee, delle quali è pregna la nostra atmosfera”.
Le particelle ignee di cui parla di Sangro sono, oggi, ben conosciute dai ricercatori più preparati, e in fase di studio da parte della scienza moderna. Tuttavia, all’epoca in cui tali lettere hanno visto la luce, c’è da dire che l’esistenza delle particelle di spirito universale contenute nell’etere, dette anche monadi o, anticamente, atomi, non suonava affatto come qualcosa di strano: gli antichi sempre tramandarono l’esistenza di una materia eterica, invisibile agli occhi, all’interno della quale l’energia si trovava ad un grado d’intensità tale da dare a queste particelle una connotazione vicina alla materia “divina”, di cui l’uomo non poteva servirsi con strumentazioni meccaniche, non poteva vedere, ma ben poteva concepirla, filosofarne e iniziarsi ai suoi misteri.
Lungi dal discorrere di un segreto meramente spirituale e astratto, il di Sangro parla esplicitamente di “un’operazione chimica col disegno di fare alcune fisiche esperienze”.
In effetti, i primi studiosi di questa speciale materia furono sacerdoti e iniziati, della quale scoprirono alcune proprietà: tale fluido era infatti in grado di trasportare il pensiero, e in lui esisteva una “memoria matrice” in grado di riequilibrare fluidicamente i corpi. In esso erano anche contenute strane proprietà plastiche, in grado di far passare la materia da uno stato all’altro e di modificare gli effetti, conoscendone le cause.
Tale fu la materia di cui sempre si occupò la scienza dei Magi, e gli alchimisti non ebbero altro scopo che quello di “intrappolare lo spirito universale”, come evinciamo dalle continue immagini di pescatori dotati di reti finissime, che rinveniamo in molte litografie, una delle quali è anche presente nel Mutus Liber.
Elifas Levi chiamò questa materia “Grande Agente Magico”: grande, perché è presente ovunque nel micro e nel macrocosmo; agente, perché è in grado di produrre modificazioni sulla materia, anche inerte; magico, dal termine mag, radice di “magnetismo” oltre che di “magia”: tale termine è spiegato da Kremmerz come uno stato speciale di magnetismo radiante dell’essere umano il quale, per tramite dell’apparato psichico diretto dall’intelligenza, può entrare in contatto con la materia sottile, alla quale dirige gli impulsi della propria volontà e dalla quale riceve un equilibrio descritto dal di Sangro quando afferma che, nel bruciare, il Lume eterno, “acceso che sia, riceve ad ogni istante tanto nuovo alimento dall’aria circostante, quant’è il detrimento che esso soffre; talché il compenso sia eguale sempre al danno”.
La durata del Lume così generato sarà l’eternità, il suo termine la perpetuità, poiché chi è stato generato nel fuoco non teme morte.
A.B.

