Situata nell’Iran sud orientale, vicino al Golfo Persico, la civiltà di Jiroft vede i suoi albori nel V millennio a.C. e il suo splendore nel III millennio a.C.
Tornata alla luce nel 2001, quando una necropoli emerse durante un’alluvione di gravi proporzioni, il sito fu immediatamente depredato e i suoi tesori venduti sul mercato nero, per poi essere (solo in parte) recuperati grazie all’intervento delle autorità.
A partire dal 2003, l’archeologo Youssef Madjidzadeh inizia gli scavi e si convince di trovarsi di fronte al perduto regno di Aratta, citato fin dai più antichi testi sumerici come esempio di grande civiltà, ricchezza e perfezione artigiana.
Secondo le fonti sumeriche, Aratta si trovava oltre il valico dei monti, era ricca di lapislazzuli, pietre preziose e materie prime ed era una civiltà fiorente e raffinata.
Nel testo “Enmerkar e il signore di Aratta”, il sovrano di Aratta rivendica il favore della dea Inanna, della quale si considera sposo e protetto, ritenendo il re di Uruk, suo sfidante, “l’ultimo arrivato” e negandogli perciò le materie prime per abbellire il santuario di Inanna a Uruk, allora fatto di mattoni.
La disputa è ben nota perché a questo avvenimento si fa risalire la nascita della scrittura, creata dal sovrano di Uruk per trattare, appunto, col lontano signore di Aratta.
La disputa, come sappiamo dalle fonti di Uruk, si chiude con un duello fra maghi in cui Uruk avrà la meglio.
Ma nonostante questa vittoria, Aratta sarà sempre tenuta in altissima considerazione a Sumer, tanto che, per indicare un lavoro fatto a regola d’arte, si usava la locuzione “fatto alla maniera di Aratta”.
La tesi di Youssef Madjidzadeh, ossia che la civiltà di Jiroft coincida con quella di Aratta (nella leggenda, città originaria di Inanna), è stata aspramente criticata, vista l’assenza di inequivoche prove sul punto.
Va anche detto che le iscrizioni rinvenute in loco non sono ancora state decifrate.
Molti, invece, i manufatti che fanno pensare a una civiltà che ebbe contatti con la cultura sumerica o, comunque, miti comuni: combattimenti tra aquile e serpenti che riecheggiano il mito di Etana, uomini che lottano con due leoni (come Gilgamesh), ma anche esseri umani avvolti da una spirale che ricorda il percorso della kundalini, donne estatiche, serpi avvinghiate e simboli, in generale, riferibili all’apertura dei canali sottili che la ierogamia tra sovrano e dea celebra.
Per approfondire:
https://www.storicang.it/a/mesopotamia-diran_14839/amp




