Il linguaggio simbolico è anteriore alla storia, se per origine della storia fissiamo convenzionalmente il momento della nascita della scrittura fonetica.
La scrittura, per come noi la intendiamo, nasce da esigenze organizzative: con l’avvento dell’urbanizzazione, la razza umana ha sentito la necessità di creare un tipo di codice che fosse in grado di sintetizzare concetti -specialmente numerici- e agevolare la nuova organizzazione complessa della società; in altre parole, era più semplice scrivere “1 0 0 buoi” che disegnare 100 pittogrammi di capi di bestiame, quando bisognava annotare i beni in magazzino.
Prima della scrittura, erano i pittogrammi, i canti, i siti megalitici, i tatuaggi rituali, i sigilli cilindrici e i fregi degli antichi templi a raccontare, celebrare, consacrare, in un linguaggio immaginifico, spesso simbolico, atto a rappresentare tanto concetti metafisici quanto situazioni reali.
Quando perciò l’umanità si trovò in una società complessa e la scrittura divenne uno strumento consolidato non solo per organizzare (testi amministrativi, tenuta dei magazzini…) ma, più in generale, per tramandare, anche i miti e i concetti metafisici iniziano a venire messi per iscritto.
E’ precisamente qui che nasce l’allegoria: ci sono concetti figurati che non possono essere espressi in modo lineare; ecco che allora l’immagine simbolica, che prima era espressa con disegni, entra a far parte della narrazione.
E tuttavia il modo di leggere quell’immagine restava sempre legato a concetti che appartengono al mondo metafisico.
Ecco perché, spesso, leggendo un testo esoterico/simbolico, sembra di non essere in grado di capirlo: non si tratta di narrazioni discorsive ma di testi in cui le immagini abbondano ed è palese che non si riferiscano alla realtà materiale e oggettiva ma a una realtà metafisica della quale, col tempo, abbiamo perso la chiave. La ragione di questa perdita sta nel cambio del paradigma rappresentativo che, col tempo, muta le aree di specializzazione cerebrale deputate alla decifrazione del codice, facendone evolvere alcune a scapito di altre che, per abitudine, non entrano più in gioco quando si approccia un testo scritto: il cervello, cioè, vede il codice “scrittura” e si “setta” automaticamente sulle aree razionali e logico/deduttive (questo è anche il motivo per cui gli alchimisti, per lungo tempo, hanno preferito le litografie o la forma artistica per tramandare ciò che dovevano, ritenendole evidentemente più efficaci).
Così ci siamo disabituati a decifrare il significato riposto in draghi, serpenti, aquile, corvi, piante, viaggi nel cielo e negli inferi, che sono simboli in cui entrare, allegorie da decifrare.
Per approcciare testi o miti simbolici, quindi, è necessario rieducare la mente e imporre nuovi percorsi al cervello, riscoprendo le vie del simbolo.
Cosa fondamentale da capire è che l’immagine/concetto preesiste al linguaggio, parlato o scritto che sia: prima di dire o di scrivere, il concetto viene rappresentato interiormente. È proprio a quel preciso momento della decifrazione che bisogna arrivare per leggere in maniera corretta i testi simbolici: quello in cui la mente legge, oltre le parole, cogliendo l’immagine archetipica e, simbolo dopo simbolo, va a decifrare non un discorso bensì un processo, un accadimento che si situa oltre lo spazio-tempo, in altre parole una Legge.
La tendenza ad arrovellarsi su un simbolo, anziché penetrarlo con le facoltà intuitive, è invece una deriva razionalistica che non giova a svelarlo.
Questo, prometto, lo approfondiremo presto. Nel frattempo, per chi fosse interessato, ho dato approfondite istruzioni teoriche e pratiche, in questo senso, nel libro “I Tarocchi di Tortuga”, che contiene anche le 22 lame disegnate dal Capitano per accompagnare le vostre meditazioni.
A.B.

Che meraviglia. Questo è l’inizio di un bel viaggio. Metaforico, s’intende….😉
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❤️🏴☠️ ciao Capitano
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